domenica 7 febbraio 2010

Il ministro disse: «È omicidio»

Il ministro disse: «È omicidio»
di Vittorio Angiolini*tutti gli articoli dell'autore

Poco più di un anno addietro. «Assassino» e «sentenza di morte»: con questi epiteti, ripetuti continuamente in ogni sede e con ogni mezzo, il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, nonché il ministro della Salute, Maurizio Sacconi, e la sottosegretaria Eugenia Roccella, insieme ad altri, bollavano rispettivamente Beppino Englaro, nella veste di tutore della figlia Eluana, e la sentenza con cui la Corte di Cassazione ha accolto le sue ragioni. E tutti questi uomini di governo tennero a precisare di parlare in virtù della carica ricoperta. Dopo di che alle parole seguirono i fatti. Ed anziché essere rispettato nel vivere il suo dolore, Beppino Englaro fu costretto a districarsi tra decreti illegittimi, ricorsi improbabili alla Corte Costituzionale e, infine, a vedere gli ispettori ministeriali al capezzale della figlia. È passato un anno. C’è stata un’indagine penale. La chiusura di questa indagine, disposta dal Tribunale su richiesta conforme della Procura di Udine, ha appurato che Eluana Englaro si è spenta naturalmente, a seguito di un’interruzione legittima dei trattamenti sanitari, escludendo «cause di morte di natura traumatica e tossica». Mentre i medici e gli infermieri che hanno seguito Eluana sino alla fine hanno agito «con prudente e scrupoloso intento di massima trasparenza». Dagli accertamenti tecnici compiuti risulta che l’interruzione dei trattamenti è stata costantemente monitorata dagli esperti della Procura, che hanno costantemente informato gli ispettori del Ministero di tutto in tempo reale, ivi compresa l’effettuazione delle prove per appurare che non vi fosse sofferenza per la donna. E del resto l’autopsia ha anche attestato che la situazione cerebrale di Eluana non poteva consentire neppure un minimo di coscienza o di recupero della stessa. Oggi, finalmente liberato Beppino Englaro da ogni accusa, quegli uomini di governo che avevano urlato insulti e calunnie finalmente tacciono. Fin troppo, perché, sulla stampa ed in televisione, nessuno più ne parla o discute. Vorrei solo dire a tutti quegli uomini di governo che tacere non basta. Non basta perché non solo ora sappiamo che le vostre accuse erano senza consistenza ma sappiamo anche che, nel discorrere di violazioni delle indicazioni date dai giudici, nel sollevare dubbi sulla malattia, sulla presunta vitalità di Eluana e sulla sua presunta sofferenza, oppure nel contestare la buona fede del tutore e di medici ed infermieri, voi purtroppo sapevate di mentire: quando ad Udine furono interrotte le cure di Eluana Englaro, gli ispettori del Ministero e dunque il Governo, su quel che stava accadendo, erano perfettamente informati. Ci dovremmo perciò aspettare qualche cosa di più del silenzio. Se gli uomini di governo italiani avessero anche solo un briciolo della spinta etica da essi rivendicata, ci dovremmo aspettare che, oltre alla voce, abbassino gli occhi, vergognosi, e chiedano sobriamente scusa. Speriamo che accada.

*L'autore è avvocato di Beppino Englaro e professore ordinario all'università Statale di Milano
06 febbraio 2010

Nessun commento:

Posta un commento