Beirut, 6 marzo 2011 - La manifestazione del 27 febbraio era stata ostacolata da una pioggia torrenziale, ma era riuscita comunque a radunare intorno alle 2000 persone, selezionando il nocciolo duro della protesta. Già si intravedeva una buona partecipazione anche nel senso di varietà nella provenienza sociale e confessionale dei partecipanti. Dalla manifestazione del 6 marzo dunque ci si aspettavano conferme in termini di quantità e di qualità.
Per quantità intendo banalmente il numero dei presenti, per qualità la varietà della provenienza comunitaria degli stessi.
Una domanda fondamentale da porsi è se l'abbattimento del regime confessionale-comunitario possa divenire un obiettivo che riesca ad unire i libanesi piuttosto che a dividerli ulteriormente. Direi che con la manifestazione di domenica (6 marzo) il popolo libanese abbia risposto a questa sfida "Presente!". Questa ha dimostrato che c'è una fetta ampia e soprattutto trasversale della società che non appoggia questo sistema e pretende un cambiamento.
Lo slogan più gettonato è stato lo stesso che ha caratterizzato la manifestazione del 27 febbraio e le più celebri rivoluzioni tunisina ed egiziana ovvero “Ashab iurid asqat an-nizam al-taifi”!! il popolo vuole la caduta del regime, con una piccola variazione tutta libanese che testimonia la particolarità della situazione nel paese dei cedri, infatti qui si aggiunge “al-taifi” che sta per comunitario-confessionale (quindi “Il popolo vuole la caduta del regime comunitario-confessionale!”).
La lunga giornata di mobilitazione, di domenica 6 marzo, si è aperta con un incontro alle 11 in una sala dell'Unesco bldg durante il quale, davanti ad una platea di qualche centinaia di persone, tra cui numerosi giornalisti e telecamere, le varie componenti del movimento hanno definito slogan e dettagli della manifestazione. I toni della discussione si sono alzati improvvisamente quando si è abordato l'argomento Hezbollah e relativa milizia, in questo momento tema molto sentito in tutto il paese. I “pro” sostengono che sia una forza necessaria di resistenza a Israele, i “contro” che le forze di Hezbollah debbano essere assorbite da quelle dell'esercito nazionale o comunque debbano essere poste sotto il controllo dello Stato perché rappresentano una minaccia per la democrazia. Il nodo è stato superato rimandando la discussione ad un secondo momento in quanto problema secondario.
Erano presenti in sala due esponenti di Amal vicini al Presidente della Camera Nabih Berri. Sono stati allontanati per evitare rischi di strumentalizzazione. Tra l'altro Lunedì 7, il giorno dopo la manifestazione, lo stesso Berri ha dichiarato di sostenere il movimento e ha invitato i simpatizzanti del suo partito, Amal (sciita), a partecipare a titolo personale alle prossime manifestazioni. La riunione si è conclusa verso le 13h30.
La manifestazione è partita da Dora (che si legge Daura) intorno alle 15 e si è diretta verso l'Electricity bldg nel quartiere di Mar Mikhayel Nahr, presidiato niente meno che da un carro blindato, dove si è conclusa poco prima delle 18. L'Electricity bldg è la sede dell'ente libanese per l'energia elettrica criticato per la sua corruzione e la sua poca trasparenza, quindi simbolo del regime confessionale.
A marciare c'erano davvero tutti/e, tutte le fasce d'età da 0 a 90 anni, molte famiglie con i bambini, alcuni molto piccoli, (questo anche ad indicare che si è trattato di una manifestazione assolutamente pacifica) e persone più anziane. C'erano le donne, donne velate e non, sunnite, sciite, cristiane, laiche, atee, ecc. C'erano figure religiose, so che ha partecipato Gregoire Haddad (87 anni), soprannominato a suo tempo “l'eveque rouge” (il vescovo rosso), religioso cristiano di rito greco-cattolico, figura molto importante anche dal punto di vista politico. E' stato il fondatore negli anni '60 del Mouvement social, associazione caritatevole di matrice cristiana impegnata sul piano sociale, ma anche su quello della laicità. C'era lo cheiyk Ali Al Sayad figura religiosa sunnita, e membro di Dar al-Fatwa (autorità religiosa sunnita), al quale ho chiesto come mai un religioso partecipasse ad una manifestazione per la laicità. Lui mi ha risposto che a causa del sistema confessionale i politici usano la religione e le divisioni religiose a proprio favore per acquisire potere ed arricchirsi tessendo reti clientelari e di corruzione, quindi lui era naturalmente contrario a quest'uso distorto della Fede.
Ovviamente c'erano gli attivisti del gruppo organizzatore, militanti della sinistra, c'erano studenti, intellettuali, ma soprattutto c'era ciò che un po' era mancato domenica 27 febbraio e cioè la gente comune. Anche i curiosi ai bordi della strada, le persone affacciate alle finestre e ai balconi che guardavano il corteo sfilare erano più propensi a sorridere e a salutare piuttosto che a fischiare o disapprovare.
Le voci circolate sul numero dei partecipanti sono state molto discordanti e sono passate da un minimo di 3.000 ad un massimo di 20.000 persone. Alcuni giornali hanno parlato di 15.000 presenze. Insomma si può ritenere che fra le 10.000 e le 15.000 persone sia un'approssimazione ragionevole. A prescindere dai numeri e dalle virgole, il dato che conta è indubitabile. C'è stata una forte partecipazione e la manifestazione è stata decisamente un successo. Anche questa volta senza bandiere di partito, ma con molte bandiere libanesi, tutti/e a cantare l'inno nazionale, all'insegna dell'unione del popolo libanese contro un sistema che lo vuole diviso. Per quanto riguarda il futuro del movimento gli organizzatori non si sbilanciano, quando ho chiesto ad Ali o ad Arabi, quale pensano sia il prossimo passo, mi hanno risposto che la gente lo deciderà, perché come spesso tengono ad affermare si tratta di un movimento spontaneo, nato da un'esigenza sentita da molti/e e sarà la “strada” a dare la direzione. Intanto alcune riunioni sono previste per i prossimi giorni. Credo che, come è stato fino ad ora, riceverò presto, su Facebook, un invito a partecipare alla prossima manifestazione perché “La gente vuole che il regime cada!”.
Ghigo Orson Galera
Per quantità intendo banalmente il numero dei presenti, per qualità la varietà della provenienza comunitaria degli stessi.
Una domanda fondamentale da porsi è se l'abbattimento del regime confessionale-comunitario possa divenire un obiettivo che riesca ad unire i libanesi piuttosto che a dividerli ulteriormente. Direi che con la manifestazione di domenica (6 marzo) il popolo libanese abbia risposto a questa sfida "Presente!". Questa ha dimostrato che c'è una fetta ampia e soprattutto trasversale della società che non appoggia questo sistema e pretende un cambiamento.
Lo slogan più gettonato è stato lo stesso che ha caratterizzato la manifestazione del 27 febbraio e le più celebri rivoluzioni tunisina ed egiziana ovvero “Ashab iurid asqat an-nizam al-taifi”!! il popolo vuole la caduta del regime, con una piccola variazione tutta libanese che testimonia la particolarità della situazione nel paese dei cedri, infatti qui si aggiunge “al-taifi” che sta per comunitario-confessionale (quindi “Il popolo vuole la caduta del regime comunitario-confessionale!”).
La lunga giornata di mobilitazione, di domenica 6 marzo, si è aperta con un incontro alle 11 in una sala dell'Unesco bldg durante il quale, davanti ad una platea di qualche centinaia di persone, tra cui numerosi giornalisti e telecamere, le varie componenti del movimento hanno definito slogan e dettagli della manifestazione. I toni della discussione si sono alzati improvvisamente quando si è abordato l'argomento Hezbollah e relativa milizia, in questo momento tema molto sentito in tutto il paese. I “pro” sostengono che sia una forza necessaria di resistenza a Israele, i “contro” che le forze di Hezbollah debbano essere assorbite da quelle dell'esercito nazionale o comunque debbano essere poste sotto il controllo dello Stato perché rappresentano una minaccia per la democrazia. Il nodo è stato superato rimandando la discussione ad un secondo momento in quanto problema secondario.
Erano presenti in sala due esponenti di Amal vicini al Presidente della Camera Nabih Berri. Sono stati allontanati per evitare rischi di strumentalizzazione. Tra l'altro Lunedì 7, il giorno dopo la manifestazione, lo stesso Berri ha dichiarato di sostenere il movimento e ha invitato i simpatizzanti del suo partito, Amal (sciita), a partecipare a titolo personale alle prossime manifestazioni. La riunione si è conclusa verso le 13h30.
La manifestazione è partita da Dora (che si legge Daura) intorno alle 15 e si è diretta verso l'Electricity bldg nel quartiere di Mar Mikhayel Nahr, presidiato niente meno che da un carro blindato, dove si è conclusa poco prima delle 18. L'Electricity bldg è la sede dell'ente libanese per l'energia elettrica criticato per la sua corruzione e la sua poca trasparenza, quindi simbolo del regime confessionale.
A marciare c'erano davvero tutti/e, tutte le fasce d'età da 0 a 90 anni, molte famiglie con i bambini, alcuni molto piccoli, (questo anche ad indicare che si è trattato di una manifestazione assolutamente pacifica) e persone più anziane. C'erano le donne, donne velate e non, sunnite, sciite, cristiane, laiche, atee, ecc. C'erano figure religiose, so che ha partecipato Gregoire Haddad (87 anni), soprannominato a suo tempo “l'eveque rouge” (il vescovo rosso), religioso cristiano di rito greco-cattolico, figura molto importante anche dal punto di vista politico. E' stato il fondatore negli anni '60 del Mouvement social, associazione caritatevole di matrice cristiana impegnata sul piano sociale, ma anche su quello della laicità. C'era lo cheiyk Ali Al Sayad figura religiosa sunnita, e membro di Dar al-Fatwa (autorità religiosa sunnita), al quale ho chiesto come mai un religioso partecipasse ad una manifestazione per la laicità. Lui mi ha risposto che a causa del sistema confessionale i politici usano la religione e le divisioni religiose a proprio favore per acquisire potere ed arricchirsi tessendo reti clientelari e di corruzione, quindi lui era naturalmente contrario a quest'uso distorto della Fede.
Ovviamente c'erano gli attivisti del gruppo organizzatore, militanti della sinistra, c'erano studenti, intellettuali, ma soprattutto c'era ciò che un po' era mancato domenica 27 febbraio e cioè la gente comune. Anche i curiosi ai bordi della strada, le persone affacciate alle finestre e ai balconi che guardavano il corteo sfilare erano più propensi a sorridere e a salutare piuttosto che a fischiare o disapprovare.
Le voci circolate sul numero dei partecipanti sono state molto discordanti e sono passate da un minimo di 3.000 ad un massimo di 20.000 persone. Alcuni giornali hanno parlato di 15.000 presenze. Insomma si può ritenere che fra le 10.000 e le 15.000 persone sia un'approssimazione ragionevole. A prescindere dai numeri e dalle virgole, il dato che conta è indubitabile. C'è stata una forte partecipazione e la manifestazione è stata decisamente un successo. Anche questa volta senza bandiere di partito, ma con molte bandiere libanesi, tutti/e a cantare l'inno nazionale, all'insegna dell'unione del popolo libanese contro un sistema che lo vuole diviso. Per quanto riguarda il futuro del movimento gli organizzatori non si sbilanciano, quando ho chiesto ad Ali o ad Arabi, quale pensano sia il prossimo passo, mi hanno risposto che la gente lo deciderà, perché come spesso tengono ad affermare si tratta di un movimento spontaneo, nato da un'esigenza sentita da molti/e e sarà la “strada” a dare la direzione. Intanto alcune riunioni sono previste per i prossimi giorni. Credo che, come è stato fino ad ora, riceverò presto, su Facebook, un invito a partecipare alla prossima manifestazione perché “La gente vuole che il regime cada!”.
Ghigo Orson Galera
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